Prosa - Club dei NatiScalzi

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Prosa

Scalzi? sì! > Livello 13 > Livello 17
Campo troppo vasto! Ci limitiamo a qualche estratto pescando qua e là tra le nostre letture.
Mark Twain
Durante il 19° secolo e nella prima metà del 20° era normale per i bambini e le bambine camminare scalzi e andare anche a scuola a piedi nudi. Questo era particolarmente di uso comune in estate e in aree come il Sud degli Stati Uniti e il Sud dell’Europa. E non era solo un problema di costi. Com’è raccontato nell’autobiografia di Samuel Clemens (cioé di Mark Twain) ...Un ragazzo che non camminasse a piedi nudi o che portasse scarpe quando non era assolutamente necessario era visto come 'Miss Nelly' e lo sfortunato diventava oggetto di derisione totale fra i compagni”. Sentite come presenta il suo "eroe" Huckleberry Finn: "andava e veniva a comodo suo .... era sempre il primo ragazzo in giro scalzo a primavera e l'ultimo a rimettersi le scarpe in autunno; non doveva mai lavarsi, né indossare vestiti puliti; sapeva dire parolacce in modo fantastico. In una parola, tutto quello che rende la vita preziosa quel ragazzo l'aveva. Così pensava ogni perseguitato, ostacolato, rispettabile ragazzo di St. Petersburg".

Le avventure di Tom Sawyer
Claudio Magris
In “Un altro mare” Magris narra la storia (vera) del grecista e filosofo Enrico Mreule, che lascia la sua Gorizia per fare il gaucho in Patagonia, per poi ritornare a casa, mantenendosi un tipo sui generis che “gira scalzo e in maglietta pure d´inverno”. C'è tra l'altro un intervento autoriale in cui con l'incidentale "è così piacevole stare a piedi nudi" Magris fa capire di non disprezzare la cosa.

Un altro mare
Francesco Guccini
Narrandoci in tosco-modenese dell'infanzia trascorsa sull'Appennino in quel di Pavana, Guccini ci racconta quanto segue:
"Ma tornando alle spalle, dopo un po' di giorni, per natura o beneficio di cure, non ti bruciano più, come i piedi, perché quando arrivi, ti tiri subito via le scarpe e cominci ad andare avanti e indietro scalzo che si camina meglio, e i primi giorni è un po' dura, soprattutto se vai per il campo dove han segato l'erba o il grano e ci son rimasti tutti gli sfunzigoni che ti bucano. Dopo mesi di scarpe cittadine, ci vuole quella settimana ad abituarsi, ma dopo vai che è un piacere anche se alla sera c'è la noia di sedersi sulla murella del botaccio per lavarti i piedi. O non me li ero giù lavati ieri sera? Ma ci si tiene all'igiene, prima di infilarsi i sandolini nuovi per la sera, anche se per caso devi andare in giù, a veglia o al cinema di Gigi."

Cronache epafaniche
Michael Ende
Descrivendo "Momo", la bambina protagonista del romanzo omonimo, Michael Ende scrive "Era piccola e magrolina, di modo che, anche con la migliore buona volontà, non si poteva decidere se avesse otto oppure dieci anni. Aveva una testa selvaggia ricciuta nera come la pece, palesemente mai sfiorata da pettini o forbici. Aveva grandi vividi meravigliosi occhi del pari neri come la pece, e i piedi dello stesso colore perché andava quasi sempre scalza".

Momo
Carlo Cassola
"Guarda i suoi piedi. Io li capisco gli orientali che danno tanta importanza ai piedi. Per conto mio, sono la parte più affascinante del corpo... Piedi abituati a stare scalzi. Il segreto della bellezza di quella gente credo sia l'abitudine ad andare scalzi".

Monte Mario
Harper Lee
In una cittadina del “profondo” Sud degli Stati Uniti l’onesto avvocato Atticus Finch è incaricato della difesa d’ufficio di un nero accusato di violenza carnale; riuscirà a dimostrare l’innocenza, ma il nero sarà ugualmente condannato a morte. La vicenda, che è solo l’episodio centrale del romanzo, è raccontata dalla piccola Scout, la figlia di Atticus. Scout e il fratello sono molto spesso scalzi.
Pag. 13: "...e la domenica era proprio la giornata in cui avvenivano le visite ufficiali: le signore mettevano il busto, gli uomini la giacca e i bambini le scarpe". Pag.170: “Non lo toccare!” gridai, sferrandogli un calcio. Ero a piedi nudi, e rimasi sorpresa nel veder l’uomo tirarsi indietro con una smorfia di dolore. Volevo dargli un calcio in uno stinco, ma avevo mirato troppo in alto". Pag. 290-302: "Sentii la sabbia diventar fresca sotto i nostri piedi e capii che eravamo vicini alla grande quercia. Jem mi premette la testa. Ci fermammo ad ascoltare. ... “Sissignore. Quando arrivammo sotto l’albero...” “Come facevi’ a sapere che eravate sotto l’albero, se non ci vedevate a un palmo dal naso?” “Ero a piedi nudi e Jem dice che la terra è sempre piu fresca, sotto un albero.” “Quello lì bisogna nominarlo vice-sceriffo!... ”.

Il buio oltre la siepe
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